Nature morte
Dal Seicento italiano alla scuola fiamminga.
La natura morta è uno dei temi più ricorrenti nella pittura, anche se la sua storia è abbastanza recente: la rappresentazione di oggetti inanimati, nella sua più tradizionale versione frutta e fiori ma anche cacciagione, strumenti musicali e altro ancora, è quasi un topos e un obbligo per ogni artista.
L'utilizzo di oggetti ritratti a scopo decorativo risale almeno all'epoca ellenistica, quando xenia e asarotos fecero la loro comparsa nelle case, ma è con l'inizio del diciassettesimo secolo che la natura morta diventa un genere autonomo.
Il principe di questa tecnica fu naturalmente Caravaggio: il realismo della sua rappresentazione, che non ritrae oggetti ideali ma, al contrario, non esita a considerare degni della propria pittura mele bacate e acini infestati dai parassiti. La Canestra di frutta, custodita oggi alla pinacoteca Ambrosiana di Milano, ancora oggi non cessa di stupire i visitatori con l'uso particolarissimo della luce che la caratterizza e il pathos che emana, né più né meno che un ritratto di figure umane.
Il Barocco e le nature morte
È il Seicento, quindi, il grande secolo delle nature morte. Gran parte di questo successo si deve all'estetica barocca, che vede nell'oggetto inusuale, in ciò che di solito non sta al centro di un'opera d'arte ma è separato e laterale, un perfetto tema per innumerevoli esercizi di stile.
A questo si aggiunga l'importanza del simbolo e del sottotesto in una pittura che doveva fare i conti con la Controriforma cattolica, e che quindi vide un proliferare di quadri raffiguranti, ad esempio, teschi, simbolo della caducità umana, ma anche strumenti musicali che dovevano celebrare degnamente il dono della musica.
Il simbolismo degli oggetti
Ancora, i libri venivano ritratti in quanto simboleggianti l'erudizione, la sapienza e la conoscenza, le armi sottintendevano coraggio e valore, i fiori erano polivalenti (virtù benefiche delle piante, bellezza ma anche intima religiosità) e le tavole imbandite - da sempre uno dei temi di maggior successo - erano legate a doppio filo con la ricchezza dei committenti in cui si rispecchiava la povertà di molti in un secolo di decadenza: l'abbondanza del banchetto era al tempo stesso l'astrazione di una nobiltà che cercava di mantenere il suo potere secolare con l'ostentazione e la carestia che minacciava il popolo, insieme alla peste.
Fuori dall'Italia
La scuola fiamminga e olandese raccolse l'insegnamento di Caravaggio e il suo particolare rapporto con la luce: gli artisti Pieter Claesz, Sebastien Stosskopf, Willem Kalf, Willem Claeszoon Heda portarono ai massimi livelli la rappresentazione dell'inanimato, divertendosi con gli infiniti riflessi del metallo, della porcellana e del cristallo e arricchendoli anche con raffigurazioni di animali vivi.
Baschenis, Zurbaran e Chardin furono fino al '700, e all'avvento di nuove tendenze pittoriche, fra i migliori esponenti del genere, con un realismo pari solo alla loro capacità di evocare attraverso gli oggetti e alla loro luce un sentimento o un'emozione.