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Quadri d'autore

La contemporanea mercificazione del quadro d’autore come fenomeno opposto alla mercificazione dell’oggetto comune della pop art.

E’ incredibile come opere d’arte di immenso valore finiscano spesso con l’entrare a far parte dell’immaginario collettivo. Molto spesso, infatti, troviamo quadri d’autore veramente ovunque: sulle t-shirt, come immagini per i desktop dei nostri computer, sui tovagliolini di carta per il découpage o schemi per il punto croce, addirittura sulle lenzuola...

La migliore produzione artistica a livello mondiale viene in questo modo mercificata attraverso specifiche operazioni di marketing che, se da un lato portano l’arte di alto livello alla portata di tutti, dall’altro la fanno entrare nel quotidiano, ed in qualche modo forse la svuotano dei suoi più alti significati.

Sono pochi i capolavori che purtroppo sono rimasti integri nella loro autenticità senza trasformarsi in souvenir turistici.

In questa triste trappola economica sono rimasti intrappolate opere di Durer, come ad esempio “La lepre” o le “Mani in Preghiera”, ma anche le “Ninfee” di Monet, “La Gioconda” di Leonardo, la “Venere di Milo” di Botticelli, o alcuni celebri dettagli dipinti da Raffaello nella Cappella Sistina.

Questa mercificazione dei quadri d’autore altro non è che una decontestualizzazione delle opere dal loro contesto socio-culturale. Ma se la decontestualizzazione avviene tramite mercificazione dell’opera d’arte da parte di un’industria turistica che la svuota dei suoi significati trasformandola in un gadget, è anche vero che la storia dell’arte ci ha dato testimonianza di fenomeni esattamente contrari. In molti movimenti artistici moderni la decontestualizzazione si presenta come un vero e proprio meccanismo volto a conferire significato all’opera. In questo caso è l’oggetto quotidiano a venir snaturato e svuotato di significato, così da spingere l’osservatore ad interpretarlo alla luce di una realtà diversa da quella in cui è abituato a vederlo. Uno dei massimi esponenti di questo tipo di approccio all’arte è Marcel Duchamp, che decontestualizza appunto oggetti d’uso comune allontanandoli dal loro contesto e svuotandoli della loro funzionalità: l’orinatoio, la ruota di bicicletta ed altri oggetti diventano così “arte”. Questo procedimento viene ripreso e reinterpretato successivamente da correnti quali il New Dada e la Pop Art, sia in Europa che in America. La Pop Art decontestualizza le lattine di Campbell's Soup e le  bottiglie di Coca Cola…

I linguaggi sono opposti ma il senso è quindi lo stesso: oggi decontestualizziamo il quadro d’autore per farne un mero gadget da tenere senza troppo riguardo in casa, mentre poche manciate di anni fa si decontestualizzava l’oggetto quotidiano per farne un’opera d’arte. Forse la decontestualizzazione portata all’estremo può essere considerata un meccanismo un po’ eccessivo e forse esagerato: tuttavia, volendolo comprendere e apprezzare in tutte le sue manifestazioni, lo si può interpretare come una ricerca di significati assoluti e di allontanamento da una realtà non sempre fonte di valori positivi.

The Water-Lily Pond - Claude-Oscar Monet