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Quadri di paesaggio

La pittura di paesaggio, un fenomeno non solo romantico.

Chi ritiene che la pittura di paesaggio sia esclusiva del Romanticismo probabilmente si sbaglia, anche se è vero che durante il periodo romantico la produzione di quadri di paesaggio è sicuramente notevole.

Già durante il Medioevo, avveniva di dipingere soggetti sacri o allegorici su contesti paesaggistici. Ci riferiamo ad esempio agli affreschi di Lorenzetti e di Simone Martini nel Palazzo Pubblico di Siena risalenti alla prima metà del Trecento.

Poco tempo dopo, nel Cinquecento, esistevano dei pittori specializzati nella pittura di paesaggio, che lavoravano in collaborazione con i grandi maestri e realizzavano per conto di essi gli sfondi paesaggistici alle loro opere d’arte.

Questo tipo di pittura, fatta di motivi su sfondi paesaggistici, prese piede soprattutto nella pittura veneta: si ricordi La Tempesta di Giorgione opera realizzata nel 1507 che oggi si può ammirare presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Uscendo dal contesto italiano, i pittori tedeschi e fiamminghi come Dürer, Bosch, Bouts svolsero indubbiamente un ruolo centrale nello sviluppo del genere paesaggistico.

In realtà i primi quadri di paesaggio non rappresentavano ciò che l’artista aveva copiato dal reale, ma riproducevano una scena frutto della fantasia e dell’immaginazione dell’artista. Molto spesso in questi quadri comparivano elementi reali, come architetture e rovine effettivamente esistenti con elementi naturali di invenzione come fiumi e colline. Le origini della pittura di paesaggio tra l’altro si riferiscono a quadri con motivo biblico, dove episodi sacri venivano narrati e contestualizzati in uno sfondo naturale.

Solo nel Seicento, con un rinnovato interesse per il classicismo, i quadri di paesaggio diventarono un genere a sé, con le sue regole di equilibrio compositivo e di armonia, come si nota ad esempio nei quadri di paesaggio di Annibale Carracci.

Un grande paesaggista del Seicento fu Nicolas Poussin, ed accanto a lui Claude Lorrain, che si richiamava al desiderio di qualcosa di arcadico e bucolico.

Anche Salvatore Rosa nel Seicento esplorò il filone della pittura di paesaggio, interpretandola con tinte forte e toni a volte piuttosto drammatici.

Il Settecento dà una nuova svolta alla pittura di paesaggio, che ora acquisisce un nuovo carattere quasi documentaristico: si cerca di riprodurre la natura non per come essa è normalmente ma per i suoi stati eccezionali, calamitosi o catastrofici; contemporaneamente c’è chi indaga i dettagli più piccoli degli elementi naturali, quali alberi e fiori.

Sempre nel Settecento, i vedutisti veneziani si occuparono di rappresentare scorci della città e della sua vita quotidiana con la precisione del cronista: si pensi ad esempio al Cataletto.

Verso la fine del Settecento si fanno strada nuovi concetti come il sublime ed il pittoresco, così che si abbandona l’inclinazione verso la precisione cronistica e si cerca di rappresentare la risonanza che gli eventi naturali hanno sull’animo umano.

Si giunge così pian piano alla pittura di paesaggio alla quale tutti siamo soliti pensare, come quella di Turner, fortemente soggettiva, misteriosa e personale: una pittura che fa da preludio a quella che poi trionferà nell’Ottocento ed che mise alla prova tutti gli artisti dell’epoca.

Nell’Ottocento Constable scelse il paesaggio come terreno di sperimentazione di una pittura che vedeva inusuali scelte compositive e cromatiche come grandi protagoniste. Lo stesso accadde poi con gli impressionisti (Manet) ed i macchiaioli (Sisley).

La pittura di paesaggio si estingue definitivamente con il Novecento, con il sopravvento delle cosiddette avanguardie artistiche.

Notte Stellata - Vincent van Gogh